Luigi Pirandello

Enrico IV

Pubblicato da Good Press, 2020
goodpress@okpublishing.info
EAN 4064066073169

Indice


Personaggi
Atto Primo.
Atto Secondo
Atto Terzo.

Personaggi

Indice
  • ...... (Enrico IV)
  • La Marchesa Matilde Spina
  • Sua figlia Frida
  • Il giovane Marchese Carlo di Nolli
  • Il Barone Tito Belcredi
  • Il Dottor Dionisio Genoni
  • I quattro finti Consiglieri Segreti:
    • 1º Landolfo (Lolo)
    • 2º Arialdo (Franco)
    • 3º Ordulfo (Momo)
    • 4º Bertoldo (Fino)
  • Due valletti in costume

In una villa solitaria della campagna umbra ai nostri giorni.

Atto Primo.

Indice

(Salone nella villa rigidamente parato in modo da figurare quella che potè essere la sala del trono di Enrico IV nella casa imperiale di Goslar. Ma in mezzo agli antichi arredi due grandi ritratti a olio moderni, di grandezza naturale, avventano dalla parete di fondo, collocati a poca altezza dal suolo su uno zoccolo di legno lavorato che corre lungo tutta la parete (largo e sporgente in modo da potercisi mettere a sedere come su una lunga panconata), uno a destra e uno a sinistra del trono che, nel mezzo della parete, interrompe lo zoccolo e vi si inserisce col suo seggio imperiale e il suo basso baldacchino. I due ritratti rappresentano un signore e una signora, giovani entrambi, camuffati in costume carnevalesco, uno da «Enrico IV» e l'altra da «Matilde di Toscana». Usci a destra e a sinistra.)

Al levarsi della tela, i due valletti, come sorpresi, si alzano dallo zoccolo su cui stanno sdrajati, e vanno a impostarsi come statue, uno di qua e uno di là ai piedi del trono, con le loro alabarde. Poco dopo dal secondo uscio a destra entrano Arialdo, Landolfo, Ordulfo e Bertoldo: giovani stipendiati dal marchese Carlo di Nolli perché fingano le parti di «Consiglieri Segreti», vassalli regali della bassa aristocrazia della Corte di Enrico IV. Vestono perciò in costume di cavalieri tedeschi del secolo XI. L'ultimo, Bertoldo, di nome Fino, assume ora per la prima volta il servizio. I tre compagni lo ragguagliano pigliandoselo a godere. Tutta la scena va recitata con estrosa vivacità.

Landolfo (a Bertoldo come seguitando una spiegazione). E questa è la sala del trono!

Arialdo. A Goslar!

Ordulfo. O anche, se vuoi, nel Castello dell'Hartz!

Arialdo. O a Worms.

Landolfo. Secondo la vicenda che rappresentiamo, balza con noi, ora qua, ora là.

Ordulfo. In Sassonia!

Arialdo. In Lombardia!

Landolfo. Sul Reno!

Uno dei valletti (senza scomporsi, movendo appena le labbra). Ps! Ps!

Arialdo (voltandosi al richiamo). Che cos'è?

Primo valletto (sempre come una statua, sottovoce). Entra o non entra?

Allude a Enrico IV.

Ordulfo. No no. Dorme; state pur comodi.

Secondo valletto (scomponendosi insieme col primo, rifiatando e andando a sdrajarsi di nuovo sullo zoccolo). Eh, santo Dio, potevate dircelo!

Primo valletto (accastandosi ad Arialdo). Per favore, ci avrebbe un fiammifero?

Landolfo. Ohi! La pipa no, qua dentro!

Primo valletto (mentre Arialdo gli porge un fiammifero acceso). No, fumo una sigaretta.

Accende e va a sdrajarsi anche lui, fumando, sullo zoccolo.

Bertoldo (che è stato a osservare, tra meravigliato e perplesso, guardando in giro la sala, e poi guardando il suo abito e quello dei compagni). Ma, scusate... questa sala... questo vestiario... Che Enrico IV?... Io non mi raccapezzo bene:—È o non è quello di Francia?

A questa domanda, Landolfo, Arialdo e Ordulfo scoppiano a ridere fragorosamente.

Landolfo (sempre ridendo e indicando ai compagni, che seguitano anch'essi a ridere, Bertoldo, come per invitarli a farsi ancora beffe di lui). Quello di Francia, dice!

Ordulfo (c.s.). Ha creduto quello di Francia!

Arialdo. Enrico IV di Germania, caro mio! Dinastia dei Salii!

Ordulfo. Il grande e tragico imperatore!

Landolfo. Quello di Canossa! Sosteniamo qua, giorno per giorno, la spaventosissima guerra tra Stato e Chiesa! Oh!

Ordulfo. L'Impero contro il Papato! Oh!

Arialdo. Antipapi contro i Papi!

Landolfo. I re contro gli antirè!

Ordulfo. E guerra contro i Sassoni!

Arialdo. E tutti i princlpl ribelli!

Landolfo. Contro i figli stessi dell'Imperatore!

Bertoldo (sotto questa valanga di notizie riparandosi la testa con le mani). Ho capito! ho capito!—Perciò non mi raccapezzavo, vedendomi parato così ed entrando in questa sala! Ho detto bene: non era vestiario, questo, del mille e cinquecento!

Arialdo. Ma che mille e cinquecento!

Ordulfo. Qua siamo tra il mille e il mille e cento!

Landolfo. Puoi farti il conto: se il 25 gennaio del 1071 siamo davanti a Canossa...

Bertoldo (smarrendosi più che mai). Oh Dio mio, ma allora è una rovina!

Ordulfo. Eh già! Se credeva d'essere alla Corte di Francia!

Bertoldo. Tutta la mia preparazione storica...

Landolfo. Siamo, caro mio, quattrocent'anni prima! Ci sembri un ragazzino!

Bertoldo (arrabbiandosi). Ma me lo potevano dire, per Dio santo, che si trattava di quello di Germania e non d'Enrico IV di Francia! Nei quindici giorni che m'accordarono per la preparazione, lo so io quanti libri ho scartabellato!

Arialdo. Ma scusa, non lo sapevi che qua il povero Tito era Adalberto di Brema?

Bertoldo. Ma che Adalberto! Sapevo un corno io!

Landolfo. No, vedi com'è? Morto Tito, il marchesino di Nolli...

Bertoldo. È stato proprio lui, il marchesino! Che ci voleva a dirmi...?

Arialdo. Ma forse credeva che lo sapessi!

Landolfo. Non voleva più assumere nessun altro in sostituzione. Tre, quanti restavamo, gli pareva che potessimo bastare. Ma lui cominciò a gridare: «Cacciato via Adalberto»—(perché il povero Tito, capisci? non gli parve che morisse, ma che nella veste del vescovo Adalberto gliel'avessero cacciato via dalla Corte i vescovi rivali di Colonia e di Magonza).—

Bertoldo (prendendosi e tenendosi con tutte e due le mani la testa). Ma non ne so una saetta, io, di tutta questa storia!

Ordulfo. Eh, stai fresco, allora, caro mio!

Arialdo. E il guajo è che non lo sappiamo neanche noi, chi sei tu.

Bertoldo. Neanche voi? Chi debbo rappresentare io, non lo sapete?

Ordulfo. Uhm! «Bertoldo».

Bertoldo. Ma chi, Bertoldo? perché Bertoldo?

Landolfo. «Mi hanno cacciato via Adalberto? E io allora voglio Bertoldo! voglio Bertoldo! »—cominciò a gridare così.

Arialdo. Noi ci guardammo tutti e tre negli occhi: Chi sarà questo Bertoldo?

Ordulfo. Ed eccoti qua «Bertoldo», caro mio!

Landolfo. Ci farai una bellissima figura!

Bertoldo. (ribellandosi e facendo per avviarsi). Ah, ma io non la fo! Grazie tante! Io me ne vado! Me ne vado!

Arialdo (trattenendolo insieme con Ordulfo tra le risa). No, càlmati, càlmati!

Ordulfo. Non sarai mica il Bertoldo della favola!

Landolfo. E ti puoi confortare, che non lo sappiamo neanche noi, del resto, chi siamo. Lui, Arialdo; lui, Ordulfo; io, Landolfo... Ci chiama così. Ci siamo ormai abituati. Ma chi siamo?—Nomi del tempo!—Un nome del tempo sarà anche il tuo: «Bertoldo».—Uno solo tra noi, il povero Tito, aveva una bella parte assegnata, come si legge nella storia: quella del vescovo di Brema. Pareva un vescovo davvero, oh! Magnifico, povero Tito!

Arialdo. Sfido, se l'era potuta studiare bene sui libri lui!

Landolfo. E comandava anche a Sua Maestà: s'imponeva, lo guidava, da quasi tutore e consigliere. Siamo «consiglieri segreti» anche noi, per questo, ma così, di numero; perché nella storia è scritto che Enrico IV era odiato dall'alta aristocrazia per essersi circondato a Corte da giovani della bassa.

Ordulfo. Che saremmo noi.

Landolfo. Già, piccoli vassalli regali; devoti; un po' dissoluti, allegri...

Bertoldo. Devo anche essere allegro?

Arialdo. Eh, altro! Come noi!

Ordulfo. E non è mica facile, sai?

Landolfo. Peccato veramente! Perché, come vedi, qua l'apparato ci sarebbe; il nostro vestiario si presterebbe a fare una bellissima comparsa in una rappresentazione storica, a uso di quelle che piacciono tanto oggi nei teatri. E stoffa, oh, stoffa da cavarne non una ma parecchie tragedie, la storia di Enrico IV la offrirebbe davvero. Mah! Tutti e quattro qua, e quei due disgraziati là (indica i valletti) quando stanno ritti impalati ai piedi del trono, siamo... siamo così, senza nessuno che ci metta su e ci dia da rappresentare qualche scena. C'è, come vorrei dire? la forma, e ci manca il contenuto!—Siamo peggio dei veri consiglieri segreti di Enrico IV; perché sì, nessuno neanche a loro aveva dato da rappresentare una parte; ma essi, almeno, non sapevano di doverla rappresentare: la rappresentavano perché la rappresentavano: non era una parte, era la loro vita, insomma; facevano i loro interessi a danno degli altri; vendevano le investiture, e che so io. Noi altri, invece, siamo qua, vestiti così, in questa bellissima Corte... —per far che? niente... Come sei pupazzi appesi al muro, che aspettano qualcuno che li prenda e che li muova così o così e faccia dir loro qualche parola.

Arialdo. Eh no, caro mio! Scusa! Bisogna rispondere a tono! Saper rispondere a tono! Guai se lui ti parla e tu non sei pronto a rispondergli come vuol lui!

Landolfo. Già, questo sì, questo sì, è vero!

Bertoldo. E hai detto niente! Come faccio io a rispondergli a tono, che mi son preparato per Enrico IV di Francia, e mi spunta, qua, ora, un Enrico IV di Germania?

Landolfo, Ordulfo, Arialdo tornano a ridere.

Arialdo. Eh, bisogna che tu rimedii subito subito!

Ordulfo. Va là! T'ajuteremo noi.

Arialdo. Ci abbiamo di là tanti libri. Ti basterà in prima una bella ripassatina.

Ordulfo. Saprai all'ingrosso qualche cosa...

Arialdo. Guarda! (Lo fa voltare e gli mostra nella parete di fondo il ritratto della marchesa Matilde).—Chi è per esempio quella lì?

Bertoldo (guardando). Quella lì? Eh, mi sembra, scusate, prima di tutto una bella stonatura: due quadri moderni qua in mezzo a tutta questa rispettabile antichità.

Arialdo. Hai ragione. E difatti prima non c'erano. Ci sono due nicchie, là dietro quei due quadri. Ci si dovevano collocare due statue, scolpite secondo lo stile del tempo. Rimaste vuote, sono state coperte da quelle due tele là.

Landolfo (interrompendolo e seguitando). Che sarebbero certo una stonatura, se veramente fossero quadri.

Bertoldo. E che sono? non sono quadri?

Landolfo. Sì, se vai a toccarli: quadri. Ma per lui (accenna misteriosamente a destra, alludendo a Enrico IV)—che non li tocca...

Bertoldo. No? E che sono allora per lui?

Landolfo. Oh, interpreto, bada! Ma credo che in fondo sia giusto. Immagini, sono. Immagini, come... ecco, come le potrebbe ridare uno specchio, mi spiego? Là, quella (indica il ritratto di Enrico IV) rappresenta lui, vivo com'è, in questa sala del trono, che è anch'essa come dev'essere, secondo lo stile dell'epoca. Di che ti meravigli, scusa? Se ti mettono davanti uno specchio, non ti ci vedi forse vivo, d'oggi, vestito così di spoglie antiche? Ebbene, lì, è come se ci fossero due specchi, che ridanno immagini vive, qua in mezzo a un mondo che—non te ne curare-vedrai, vedrai, vivendo con noi, come si ravviverà tutto anch'esso.

Bertoldo. Oh! Badate che io non voglio impazzire qua!

Arialdo. Ma che impazzire! Ti divertirai!

Bertoldo. Oh, ma dico, e com'è che voi siete diventati tutti così sapienti?

Landolfo. Caro mio, non si ritorna indietro d'ottocent'anni nella storia senza portarsi appresso un po' di esperienza!

Arialdo. Andiamo, andiamo! Vedrai come, in poco tempo, ti assorbiremo in essa.

Ordulfo. E diventerai, a questa scuola, sapiente anche tu!

Bertoldo. Sì, per carità, ajutatemi subito! Datemi almeno le notizie principali.

Arialdo. Lascia fare a noi! Un po' l'uno, un po' l'altro...

Landolfo. Ti legheremo i fili e ti metteremo in ordine, come il più adatto e compíto dei fantocci. Andiamo, andiamo!