Antonio Fogazzaro

Idillii spezzati

Pubblicato da Good Press, 2020
goodpress@okpublishing.info
EAN 4064066068646

Indice


Idillii spezzati
Il Crocifisso d'argento
La visita di Sua Maestà
L'Orologio di Lisa
La lira del poeta
La Stria
Per una foglia di rosa
Il testamento dell'orbo da Rettorgole
Il Folletto nello specchio (Fiaba per Maria) .
Màlgari

Idillii spezzati

Indice

Io tengo a Oria, sulle rive del lago di Lugano, una piccola villa battuta dalle onde a piede di un monte vestito di ulivi, di viti ed anche di allori, che nessun poeta, prima di me, è andato a cercare.

È un ameno e tranquillo angolo del mondo, caro ai sognatori e agli artisti. Quando sono a Oria passo gran parte della giornata sul lago, solo nel mio canotto, vestito come un barcaiuolo, con qualche libro e i miei arnesi da pesca. Quest'abitudine mi procurò, molti anni sono, la più romanzesca avventura della mia vita.

Approdai una mattina col canotto a una spiaggia fra due scogli in faccia a Lugano, dove c'è adesso la trattoria del Cavallino. Allora il luogo era del tutto selvaggio e deserto. Vi ha fra i due scogli un piccolo valloncello ombroso che conduce a una sottile argentea cascatella. Avevo pescato lungo le rive sassose del monte Caprino e rotta la mia pesca senza pigliare un pesciolino.

Uscii della barca, sedetti all'ombra e mi posi ad accomodar la pesca. Ero lì da pochi momenti, quando udii in alto, sopra la cascatella, una rude voce d'uomo e piccole risate, piccoli strilli, come se ci fossero lassù delle signore imbarazzate a discendere. Infatti vidi calare adagio, sul pendìo erboso presso la cascatella, una bella fanciulla che aiutò con l'ombrellino un'altra giovanettina sui quattordici anni, che portava un canestro. Ultimo comparve, aggrappandosi all'erba e molto brontolando, un signore piuttosto attempato. Tolsero dal canestro sandwiches, bottiglie e frutta, e si disposero a far colazione. Il signore attempato, una figura massiccia dal naso rosso e dai favoriti grigi, pareva seccato della mia vicinanza; ma la maggiore delle signorine, datami una rapida occhiata disse sprezzantemente: A fisher! (un pescatore).

Rimasi un po' male e mi parve di diventar rosso. Coloro non fecero più attenzione a me, si misero a mangiare e a discorrere allegramente. Io che duro una gran fatica, di solito, a intendere chi parla inglese, fui meravigliato della chiarezza con la quale parlava quella gente, specialmente la signorina che aveva detto: A fisher. Questa era bellina assai, snella, piuttosto alta; aveva capelli bruni e begli occhi azzurri chiari. Non so più dire come fosse vestita; so che aveva un mazzolino di ciclami alla cintura, che i suoi piedi parevano piuttosto grandi e che la mano invece era squisita.

Io avevo allora un cuore assai tenero, e la mia immaginazione era sempre pronta a vedere anime appassionate, tesori d'amore in tutti i begli occhi che si fossero incontrati tre o quattro volte con i miei. Veramente gli occhi della signorina mi avevano guardato una volta sola e quasi con disprezzo: ma appunto il suo supposto disprezzo mi infiammava l'immaginazione. Quand'ero ragazzo mi piaceva d'immaginare avventure amorose le più strane e inverosimili. Le donne delle mie avventure erano sempre belle e altere. Io ero un principe incognito. Chiedevo amore ed ero disprezzato; allora mi scoprivo e le altere bellezze cadevano a' miei piedi. Più tardi ho trovato che tutto questo non era molto nobile ed ho interamente cambiato idee. Mentre però guardavo e tornavo a guardare il delicato viso e la graziosa persona della fanciulla che mi aveva disprezzato, mi passò per la mente, non di farla cadere a' miei piedi, perchè non ero un principe, ma di colpirla, d'imporle un certo rispetto, sfoggiando il mio inglese e la mia letteratura.

Appena il signore attempato ebbe inghiottita una conveniente quantità di sandwiches, cominciò a discorrere del ritorno a Lugano, e capii che non voleva saperne di arrampicarsi ancora sul monte per andare a prendere il vapore alla vicina stazione di Caprino. Che sorpresa se il pescatore si fosse presentato con un'aria signorile e un leggero sorriso a dire in inglese: «Le occorre un canotto, signorina? E un pescatore per barcaiuolo? Devo io condurla su the oval mirror of the glassy lake?» No, era troppo ridicolo; e se la ragazza mi avesse riso in faccia, che potevo fare? Potevo forse dirle: «Badi, signorina, che il verso è di Byron?» No, no, sarebbe stato più ridicolo ancora. Raccolti invece i miei arnesi da pesca, li portai nella barca, nascosi un volumetto di Heine che avevo con me, poi ritornai, mi accostai al signore attempato e gli chiesi in italiano, toccandomi appena il cappello, se voleva una barca per Lugano.

Il signore guardò la sua figliuola maggiore che gli spiegò la mia offerta. Egli parve felice e mi rispose subito: Yes, yes, Lugano, Lugano.

— Diamo un'occhiata alla barca, papà — disse con la sua dolce voce la signorina. — Non mi piacciono le barche dei pescatori. Son così sudicie! Chi sa che puzza di pesce, papà!

Questa era un'amara ironia per me che avevo poco prima bestemmiato il destino durante la mia disgraziatissima pesca.

L'altra giovinetta corse come una freccia alla riva e si mise subito a gridare da lontano: Harriet! Harriet!

V'era sulla riva una sola barca e la ragazza non poteva ingannarsi. Era bene la mia.

Miss Harriet fu molto sorpresa di vedere ch'era un'elegante barchetta di quercia con i cuscini di cuoio e si persuase che non aveva affatto odore di pesce. Anche il vecchio signore fu molto contento.

— Chiedetegli il prezzo, Harriet, — diss'egli. — I barcaiuoli son tali malandrini, qui!

Non potei a meno di commovermi un poco; ma fu ancora peggio quando miss Harriet rispose:

— Questo non mi pare un malandrino. Ha l'aria onesta, papà. — Poi si volse a me e disse con un adorabile accento anglo-italiano:

— A Lugano! Quanto?

Arrossì leggermente anche lei parlandomi italiano. Era un tal piacere di guardarla, mentr'ella stessa mi guardava arrossendo, che stetti un bel po' senza rispondere. Poi dissi in fretta e a caso: — Cinquanta centesimi.

— Quanto ha detto? — le chiese suo padre. — Dite ch'è troppo, Harriet.

— Ma non è troppo, papà, è un'inezia. — È meno che mezzo scellino.

La compagnia s'imbarcò e se mi fu poco piacevole di urtar su a bordo il signore dal naso rosso, ebbi però il compenso di sentire per un momento la mano fine di miss Harriet nella mia. L'altra ragazza saltò nella barca senza l'aiuto di nessuno.

Il lago era liscio come uno specchio. Dal Cavallino a Lugano si può andar bene in mezz'ora, ma io confesso che non avevo fretta. Nessuno faceva attenzione a me e potevo guardare miss Harriet a mio agio. Mi pareva essere già innamorato di lei, mi pareva che si potesse remare un mese per mettere una parolina in quel piccolo orecchio roseo e venire ascoltato; un anno per posare un bacio su quella delicata guancia e non venir respinto; la vita intera per aver un tocco di quelle labbra fini e poterlo rendere.

— Povero me! brontolò il vecchio signore, mentre io ero sprofondato in questa proporzione geometrica.

— Credo che arriveremo a Lugano domani. Dite a quel poltrone di ragazzo che remi più forte, Harriet.

Miss Harriet rispose con mio gran piacere che il lago era così delizioso e che Lugano era noiosa. Poi mi domandò il nome dell'ardito picco dirupato sopra la Valsolda.

— Picco di Cressogno — risposi.

— Cressogno? Cosa vuol dire Cressogno?

Ella non seppe intendere la mia risposta e sua sorella rise. Allora le dissi in francese, sorridendo: Cressogno c'est le nom du village que vous voyez là-bas.

Miss Harriet mi guardò attonita e io m'affrettai a dire che avevo fatto il barcaiuolo sul lago di Ginevra.

La conversazione si animò. Il vecchio signore non sapeva una parola di francese e miss Bertha, la ragazza più giovine, ne sapeva solamente poche, ma Harriet lo parlava benissimo. Mi domandò molte cose delle montagne e del lago, e io, per farmi interessante, mi dimenticai un poco della mia parte, le parlai più come un artista che come un barcaiuolo. Le mostrai la mia lontana Oria e le dissi che in una di quelle casette battute dalle onde al piede della montagna vestita di ulivi e di viti viveva un giovine scrittore italiano; che lo conducevo spesso in barca e che mi ci divertivo moltissimo, specialmente quando il lago era in tempesta. Allora mi posi a descrivere la selvaggia bellezza della tempesta, la furia delle onde spumanti, i colori cangianti delle montagne e dell'acqua, la luce dei lampi sul picco di Cressogno.

— Harriet — disse il signore — come si dice to row in italiano?

— Remare — diss'ella.

Egli si voltò verso di me e mi apostrofò:

— Remare, remare!

Non potei trattenermi dal ridere di cuore, e le ragazze risero con me.

Egli andò sulle furie, le sgridò e disse che io ero un impertinente insopportabile.

Per alcuni minuti nessuno osò più parlare e io mi posi a remare di lena. La giovinettina mi guardava spesso curiosamente; ma non ebbi mai la fortuna d'incontrare gli occhi di miss Harriet. Pareva quasi che volesse evitare il mio sguardo.

La prima che parlò fu Bertha. Disse, quasi sottovoce:

— Io penso che è molto intelligente.

— Può essere — rispose suo padre. — Certo è un gran chiacchierone ed è molto brutto.

Mi divertii un mondo ad ascoltare questo dialogo e la discussione che seguì. Adesso ebbi più d'uno sguardo da miss Harriet.

— Proprio un barcaiuolo, — disse suo padre — ha orecchie grandi come vele.

Poi fece la crudele scoperta che somigliavo al nostro Jack.... Chi era il nostro Jack?

Le ragazze protestarono tanto forte da farmi sospettare che Jack fosse una scimmia. La più calda a difendermi era la più giovane. Miss Harriet criticò moderatamente l'opera della natura nella mia fisonomia, disse che in complesso io ero piuttosto piacente e che v'era in me qualcosa che insieme la imbarazzava e le piaceva.

Io non sapevo più come stare nè dove guardare e avevo una terribile paura di tradirmi. Allora, siccome eravamo vicini a Lugano, domandai a miss Harriet dove desiderasse scendere. Rispose: — Villa Ceresio, — ch'è presso l'Hôtel du Parc. Poi domandai se forse desideravano fare qualche altra gita l'indomani e se dovevo venirli a prendere. Si accese una piccola disputa fra miss Bertha che insisteva per accettar la proposta e suo padre che non pareva disposto a prender me per barcaiuolo.

— Oh, papà! — supplicò la ragazza. — Una barchettina così bellina!

Mi parve che avesse le lagrime alla gola. Miss Harriet mi domandò dove proponevo di andare. Io proposi di lasciar Lugano alle nove del mattino, di scendere a S. Mamette, di fare una passeggiata nella pittoresca Valsolda, di ritornare a S. Mamette per la colazione e di ripartire quindi per Lugano.

Il vecchio signore si arrese.

— Si potrebbe prender con noi i Roberts — diss'egli.

— Oh sì, andiamo coi Roberts, papà! — esclamò miss Bertha.

Miss Harriet parve seccata e tacque.

Io protestai, mentalmente, che non amavo affatto questi Roberts incomodi e che per parte mia potevano restare a casa.

Eravamo allora a pochissima distanza da villa Ceresio. Miss Bertha si mise improvvisamente a battere le mani e a gridare:

— Eccoli! Ecco i Roberts!

Suo padre parve molto contento, e miss Harriet mormorò qualche cosa che non giunsi a intendere; quando approdammo, miss Bertha uscì la prima, dando la mano a suo padre, e io domandai a miss Harriet se dovevo aspettare gli ordini.

Ella mi rispose che credeva di sì, posò sopra un cuscino della barca una moneta da cinquanta centesimi, si chinò a guardare il mio Heine che avevo nascosto male sotto un altro cuscino e che n'era scivolato fuori.

Sorrise, e mi disse piano, in tedesco:

Haben sie auch auf dem Rhein gerudert? (Ha remato anche sul Reno?).

E saltò agilmente a terra senza lasciarmi il tempo di rispondere.

Mi balzò il cuore di piacere. Non mi faceva ella discretamente capire di avere indovinato il mio segreto? Sentii che cominciava qualche cosa di delizioso e di serio. Ero tanto commosso che non feci attenzione all'incontro con i Roberts. Nascosi meglio il mio Heine e sedetti nella barca, pensando a ciò che poteva succedere.

Aspettai un pezzo, e nessuno veniva a dirmi niente.

Non vedevo qualcuno, ma udivo discorrere nel giardino, distinguevo le voci di miss Bertha e di suo padre miste ad altre voci sconosciute. Finalmente miss Bertha si affacciò alla ringhiera del giardino con un giovane ed elegantissimo signore che supposi essere il signor Roberts, il quale mi domandò in buonissimo italiano se lo avrei accompagnato a Castagnola.

Castagnola era sulla mia strada per ritornare a Oria. Risposi di sì. Allora la ragazza mi disse in francese:

Demain matin, à neuf heures, ici.

Poi comparve il vecchio signore, tutto sorridente e fiero, a braccio di una bella ed elegante giovane signora fra i venticinque e i trent'anni, che Bertha chiamava miss Roberts. Miss Harriet non comparve. Considerando la bellezza e l'eleganza del giovine signor Roberts, io ne fui quasi contento.

Quando i signori Roberts furono nella mia barca e li potei vedere da vicino, la fisonomia del giovane signore mi dispiacque molto. Era veramente un bel giovane, alto, bruno come un arabo, con due grandi occhi neri e una barba nera, folta, corta, che sarebbe stata molto conveniente per un nipote dell'emiro Abd-el-Kader; ma lo sguardo era egoista, sfrontato e falso.

Mr. Roberts aveva una voce strana, piuttosto aspra; miss Roberts invece, bianca, bionda, con gli occhi celesti, languidi, aveva una voce sottile, dolce e un poco sonnolenta.

Mentre ci allontanavamo dalla riva, ella si voltò, spinta da lui, a salutare gli amici con una certa grazia stanca e noncurante, mentre egli invece salutò con calore a più riprese, gridando:

— A domani! A domani!

Ciò che successe poi mi riempì di stupore. Appena ebbero cessato di voltarsi verso villa Ceresio a salutare, le due faccie cambiarono in un modo incredibile, diventarono più fredde e dure che non posso dire. Quando si sentirono abbastanza sicuri di non essere uditi dalla riva, i Roberts cominciarono in tedesco un dialogo stupefacente.

Miss Roberts dichiarò che l'indomani non sarebbe andata in nessun luogo, e Mr. Roberts le rispose con una tremenda bestemmia che s'ella non veniva l'avrebbe battuta.

Ella pareva del tutto abituata a simili minaccie, perchè non se ne turbò troppo, e cominciò a burlarsi del suo compagno per il suo poco successo con le americane. Così appresi che miss Harriet era americana. Subito dopo ne appresi anche il nome.

— Miss Forest ti conduce a scuola — disse la giovane. — Vedo bene che diffida di noi. Finirà a scoprire ciò che siamo. Per me, ne avrei piacere.

Egli bestemmiò e rispose ch'era impossibile.

— Glielo dirò io! — fece la signora con tranquilla insolenza.

Egli si pose a ingiuriarla con ira; ella gli replicò con disprezzo. Si rinfacciarono l'un l'altro ogni sorta di vergogne e maledissero il giorno e l'ora in cui s'erano incontrati.

Io fui più volte per esclamare che tacessero, che comprendevo il tedesco! Se miss Harriet non fosse esistita, l'avrei fatto. Così, indovinando che si ordiva una odiosa trama contro di lei, e che, se la donna era forse più infelice che colpevole, l'uomo era certo un gran furfante, non mi tenni obbligato a farlo.

Perciò, quando deposi sulla riva di Castagnola quella coppia rispettabile, sapevo un poco anch'io chi erano, o piuttosto sapevo chi non erano. Non erano fratello e sorella, non erano Roberts, non erano inglesi. Probabilmente l'uomo non era neppure tedesco, perchè nel calore dell'ira gli udii pronunciare delle imprecazioni in una lingua a me del tutto sconosciuta. Non erano marito e moglie, non avevano una dimora in alcuna parte della terra.

Il bel cavaliere non aveva danaro, malgrado i mezzi che adoperava, secondo la sua dama, per procurarsene. La famiglia della dama ne aveva, e veniva onorata da lui col titolo di «banda di ladri» perchè non ne mandava. Dopo essersi amati, Dio sa per quanto breve tempo, quei due si odiavano l'un l'altro, ed era difficile intendere quale legame li tenesse avvinti. Per parte mia, pensai che l'uomo tenesse quella donna per interesse e ch'ella lo servisse per paura.

Egli le parlava con insolenza della sua passione per miss Forest e di un futuro matrimonio. Era un brutale capriccio, come doveva averne quel briccone, o credeva egli stesso che miss Forest avesse una ricca dote? Questo non lo so. Aveva imposto alla sua disgraziata schiava di aiutarlo ad entrare nelle buone grazie del professore Forest. Si capiva che la miserabile creatura, benchè combattuta da un ultimo senso di dignità e d'onestà, sarebbe stata contenta di questo matrimonio che l'avrebbe liberata da lui per sempre.

Nell'uscire di barca l'uomo mi domandò, ancora in italiano, quanto mi dovesse. Avendogli io risposto ch'ero già stato pagato, si strinse nelle spalle e se n'andò con la sua compagna.

Io avevo un amico a Castagnola. Andai a cercarlo e gli domandai se conoscesse i Roberts. Non no sapeva il nome, ma li riconobbe alla mia descrizione. Vivevano in una piccola villa sulla strada di Lugano. Si diceva che facessero commercio di gioielli orientali antichi e che la signora avesse la parte di far relazioni e di adescare compratori. Si affermava pure, con sicurezza, che il signore avesse avuto una condanna in Italia, per truffa. Erano a Castagnola da un mese e avevano la villa per un altro mese. Feci il tragitto da Castagnola a Oria con l'idea d'essere diventato un personaggio importante d'uno strano dramma, dove avevo la parte di salvare l'innocenza e di fulminare i suoi nemici. E poi, quale sarebbe il mio premio?

È strano che non potevo immaginare la gratitudine di miss Forest. Invece mi sentivo intorno al collo le braccia e sul viso i favoriti del suo vecchio padre, e non ero ancora abbastanza innamorato della figlia per immaginare con piacere questi austeri ed ispidi contatti.

Vivevo allora solo con una sorella maggiore nubile, una donna molto seria e positiva che aveva per me un'affezione materna, profonda, ma non cieca. Ella mi vide arrivare a casa tanto agitato che sospettò subito di qualche cosa. Le raccontai tutto, parlando il meno possibile di miss Forest, e il più possibile dei Roberts. Mia sorella non capì affatto la mia nobile parte nel dramma, disapprovò il mio scherzo, e mi disse:

— Non andrai mica, domattina, suppongo?

— Come non andrei? ma sì, certo, andrò. È il mio dovere di onest'uomo e di cristiano di andare.

Mia sorella mi domandò se fosse il mio dovere di cristiano d'innamorarmi di tutte le belle ragazze che vedevo e di correr loro dietro. Io le risposi sdegnosamente che le sue idee erano sempre basse. Non tornammo più sull'argomento. Solamente la sera, quando ci separammo per andare a letto, ella mi disse che se io credevo mio dovere di onest'uomo di condurre inglesi o tedeschi o turchi a far colazione in casa, il dovere suo di donna cristiana era di dar loro pane e acqua.

L'indomani mattina alle nove ero a Villa Ceresio. Miss Bertha era già in giardino ad aspettarmi e corse subito a chiamar suo padre e sua sorella.