tradita
(libro #3 in I appunti di un vampiro)
Morgan Rice
Traduzione italiana a cura di
Immacolata Sciplini
Che cosa hanno detto di APPUNTI DI UN VAMPIRO
“TRADITA è un grande volume di questa serie. Morgan Rice ha davvero realizzato un'opera vincente in questa serie. E' incalzante, colmo di azione, amore, suspense e intrigo. Se non avete letto i primi due romanzi, leggeteli e poi mettete le mani su TRADITA. Ho letto questi libri in ordine, ma ognuno di essi è anche fatto per essere letto individualmente, perciò anche se non avete letto i primi due, procuratevi TRADITA. Sono certo che finirete per procurarvi anche i primi due – vale la pena leggerli o almeno una volta...o due!”
--VampireBookSite
"TRAMUTATA è un libro che può competere con TWILIGHT e VAMPIRE DIARIES, uno di quelli che vi vedrà desiderosi di continuare a leggere fino all'ultima pagina! Se siete tipi da avventura, amore e vampiri, questo è il libro che fa per voi!"
--Vampirebooksite.com
“La Rice fa un ottimo lavoro nello spingervi nella storia sin dall'inizio, utilizzando una grande capacità descrittiva, che trascende la mera descrizione dei luoghi … Ben scritto, ed estremamente veloce da leggere, TRAMUTATA è un buon inizio per una nuova serie sui vampiri, per chi intende immergersi in una storia leggera e interessante.”
--Black Lagoon Reviews
Chi è Morgan Rice
Morgan Rice è l'autrice Bestseller di APPUNTI DI UN VAMPIRO, una serie per ragazzi che comprende undici libri (e destinata a continuare) la serie bestseller THE SURVIVAL TRILOGY, un thriller post-apocalittico che comprende due libri (e destinata a continuare); e la serie epica fantasy bestseller L'ANELLO DELLO STREGONE, composta da tredici libri (e destinata a continuare).
I libri di Morgan sono disponibili in edizioni audio e stampate, e le traduzioni dei libri sono disponibili in tedesco, francese, italiano, spagnolo, portoghese, giapponese, cinese, svedese, olandese, turco, ungherese, ceco e slovacco (e molte altre lingue si aggiungeranno).
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Libri di Morgan Rice
L’ANELLO DELLO STREGONE
UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)
LA MARCIA DEI RE (Libro #2)
DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)
GRIDO D’ONORE (Libro #4)
VOTO DI GLORIA (Libro #5)
UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)
RITO DI SPADE (Libro #7)
CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)
UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)
UN MARE DI SCUDI (Libro #10)
UN REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)
LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)
LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)
THE SURVIVAL TRILOGY
ARENA ONE: SLAVERSUNNERS (Libro #1)
ARENA TWO (Libro #2)
APPUNTI DI UN VAMPIRO
TRAMUTATA (Libro #1)
AMATA (Libro #2)
TRADITA (Libro #3)
DESTINATA (Libro #4)
DESIDERATA (Libro #5)
BETROTHED (Libro #6)
VOWED (Libro #7)
FOUND (Libro #8)
RESURRECTED (Libro #9)
CRAVED (Libro #10)
FATED (Libro #11)
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Copyright © 2014 di Morgan Rice
Tutti i diritti sono riservati. Fatta eccezione per quanto consentito dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti d'America del 1976, nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o mezzo, o raccolta in un database o sistema di recupero, senza che l'autore abbia prestato preventivamente il consenso.
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Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell'immaginazione dell'autrice o sono utilizzati a puro scopo d'intrattenimento. Qualsiasi rassomiglianza a persone reali, viventi o meno, è pura coincidenza.
Jacket art ©iStock.com /© Jen Grantham
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRE
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
FATTO:
A 96km a nord di Manhattan, c'è un'oscura isoletta nel Fiume Hudson, in cui troneggia un decadente castello scozzese. L'isola è nota come Pollepel, ed il nome deriva da una ragazza, Polly, che, centinaia di anni fa, fu abbandonata sulle acque ghiacciate dell'Hudson e si rifugiò sulle sue rive. Secondo la leggenda fu romanticamente salvata dal suo innamorato, che la sposò sull'isola.
“Sessant'anni lo ricordo bene,
Nella grandezza del tempo che ho visto
Ore oscure e cose strane; ma questa infausta notte
Ha scherzato sui passati saperi, sulle cose del passato”
--William Shakespeare, Macbeth
Isola di Pollepel, Fiume Hudson, New York
(Giorni Nostri)
“Caitlin?” giunse la voce sussurrata. “Caitlin?”
Caitlin Paine sentì la voce, e lottò fortemente per aprire gli occhi. Ma erano così pesanti; non contava quanto lei provasse, riusciva a malapena a sollevare le palpebre. Alla fine, si sforzò di aprirli, solo per un breve istante, per vedere da dove provenisse quella voce.
Caleb.
Era inginocchiato accanto a lei, tenendole la mano tra le sue, con la preoccupazione dipinta sul suo volto.
“Caitlin?” lui chiese di nuovo.
Lei provò a tirarsi su, sollevando le immense ragnatele dalla sua testa. Dove si trovava? Riusciva a vedere abbastanza, per rendersi conto che la stanza era vuota, fatta di pietra. Era notte, e la luce della luna piena filtrava dalla grande finestra. I pavimenti in pietra, le pareti in pietra, un soffitto ad arco anch'esso in pietra. La pietra sembrava liscia ed antica. Si trovava forse in un chiostro medievale?
Oltre che dalla luce della luna, la stanza era illuminata da una piccola torcia, fissata in fondo alla parete, e non produceva poi così tanta luce. Era troppo buio per vedere di più.
Lei provò a mettere a fuoco il volto di Caleb che la guardava speranzoso, così vicino a lei, distante solo pochi centimetri. I suoi occhi sembrarono illuminarsi, non appena le strinse più forte la mano. Le sue mani erano calde. Quelle di lei, invece, erano così fredde. Non riusciva a percepire vita in esse.
Nonostante gli sforzi, Caitlin non riuscì a tenere gli occhi aperti un istante di più. Erano davvero troppo pesanti. Lei era ... malata non era la parola giusta. Si sentiva … pesante. Si sentì fluttuare, come se fosse in un limbro, bloccata tra due mondi. Non si sentiva connessa al suo corpo, non si sentiva più parte della terra. Ma non si sentiva nemmeno morta. Era come se stesse cercando di svegliarsi da un sonno profondo, molto profondo.
Si sforzò di ricordare. Boston … la Cappella del Re … la spada. E poi … qualcuno che l'accoltellava. Ricordò di giacere lì, morente. Caleb al suo fianco. E poi … i suoi canini, che si avvicinavano a lei.
Caitlin sentì un dolore lieve, pulsante sul lato della gola. Doveva essere dove era stata morsa. Lei gli aveva chiesto di farlo — aveva implorato perché succedesse.
Ma, per il modo in cui si sentiva ora, forse non avrebbe dovuto farlo. Non si sentiva bene. Avvertì il sangue gelido, freddo scorrerle nelle vene. Si sentì come se fosse morta, ma non fosse ancora passata al livello successivo. Come se fosse bloccata.
Più di ogni altra cosa, provava dolore. Un lieve, pulsante dolore nella parte inferiore del suo fianco sinistro, e allo stomaco. Doveva trattarsi del punto in cui era stata accoltellata.
“Quello che ti sta accadendo è normale,” Caleb disse dolcemente. “Non aver paura. Tutti ci passiamo quando veniamo trasformati. Andrà meglio. Te lo prometto. Il dolore passerà.”
Lei voleva sorridere, allungare una mano per accarezzargli il viso. Il suono della sua voce rendeva tutto perfetto al mondo. Rendeva ogni cosa degna. Sarebbe stata con lui per sempre, e ciò le dava speranza.
Ma era troppo stanca. Il suo corpo non rispondeva alla volontà del cervello. Non riusciva a sorridere, e non riusciva ad imporre alla sua mano di sollevarsi. Aveva solo voglia di ripiombare nel sonno profondo…
Improvvisamente, i suoi pensieri cambiarono di nuovo, destandola dal sonno. La Spada …giaceva proprio lì, e poi … perduta. Chi ne era in suo possesso ora?
E poi ricordò suo fratello, Sam. Privo di sensi. Poi, portato via da un vampiro. Che cosa gli era successo? Era al sicuro?
E Caleb. perché era lì? Avrebbe dovuto ritrovare la Spada. Fermarli. Era lì per il bene di lei?Stava sacrificando tutto per starle accanto?
Nella sua mente si susseguivano le domande, senza sosta.
Lei fece appello agli ultimi grammi di forza che aveva, per riuscire ad aprire le labbra, il minimo indispendabile.
“La Spada,” si sforzò di dire, ma la gola era così secca che le faceva male parlare. “Devi andare …” aggiunse. “Devi salvare …”
“Shhh,” Caleb disse. “Pensa solo a riposarti.”
Lei voleva dire di più. Così tanto di più. Voleva dirgli quanto lo amava. Quanto gli era grata. Quanto sperava che lui le fosse rimasto sempre accanto.
Ma avrebbe dovuto aspettare per farlo. Sentì una nuova nebbia avvolgerla completamente, e le labbra non riuscirono ad aprirsi di nuovo. Nonostante ciò, si ritrovò ad affondare, sempre di più, tornando nel vortice delle tenebre, al suo sonno immortale.
Appena Kyle si mosse attraverso il nord di Manhattan, non si era mai sentito così esultante. Era seguito da Sergei, il suo soldato obbediente e, dopo di lui, centinaia di vampiri si erano uniti a loro lungo la strada. Ora Kyle teneva la leggendaria Spada nella sua cintura, e non c'era bisogno di aggiungere altro. Numerosi vampiri malvagi lungo tutta la Costa Est avevano già saputo la notizia, e, mentre Kyle avviava la sua azione, molti covi si preparavano ad unirsi a lui. Sapevano che presto sarebbe scoppiata la guerra, e la reputazione di Kyle lo precedeva. Questi vampiri mercenari sapevano che, ovunque lui fosse diretto, non avrebbe fatto del bene. E volevano proprio farne parte.
Kyle sentì il brivido dell'esercito che cresceva dietro di lui, ed avvertì un'altra ondata di fiducia, mentre volava sulla città. Sergei era stato bravo nell'afferrare la Spada ed accoltellare quella ragazza, Caitlin. Infatti, Kyle ne era rimasto sorpreso. Non avrebbe mai immaginato che Sergei ce l'avesse in lui. Lo aveva sottovalutato, e come ricompensa, aveva deciso di lasciarlo in vita, realizzando che si fosse rivelato un buon partner. Era rimasto particolarmente impressionato dal fatto che Sergei gli avesse consegnato coscienziosamente la Spada, immediatamente dopo essere andati via dalla Cappella del Re. Sì, Sergei sapeva qual era il suo posto. Se si fosse rivelato ubbidiente, Kyle lo avrebbe persino potuto promuovere, mettendolo alla guida di una piccola legione. Kyle odiava quasi tutto della maggior parte delle persone; la sola cosa che apprezzava era la lealtà.
Specialmente dopo quello che la sua gente, il Covo di Mareanera, gli aveva fatto. Dopo migliaia di anni di lealtà, Rexius, il loro leader supremo, aveva allontanato Kyle come se fosse stato niente, come se i suoi migliaia di anni di servizio avessero perso tutto il loro significato. Tutto questo per un piccolo errore. Era inconcepibile.
Il piano di Kyle aveva funzionato alla perfezione. Ora possedeva la Spada, e niente —assolutamente niente —lo avrebbe fermato. La guerra con la razza umana, e con le altre razze di vampiri, sarabbe presto divenuta realtà.
Proseguendo verso il centro della città, ora su Harlem, Kyle si abbassò fin quasi a toccare terra e, usando la sua vista di vampiro, si concentrò sui dettagli sottostanti. Il suo sorriso si allargò.
L'aver diffuso la Peste Bubbonica si era rivelato davvero efficace. Confusione e caos regnavano sovrani. Quei patetici piccoli umani correvano qua e là in tutte le direzioni, andando con le proprie auto in senso vietato, litigando tra loro, saccheggiando i negozi. Potè vedere che la maggioranza degli umani era ricoperta da orribili piaghe, sintomo della peste. Potè vedere anche i cadaveri, già ammassati gli uni sopra gli altri in quasi ogni angolo delle strade. Era in atto l'Armageddon laggiù. E niente lo rese felice.
Sarebbe stata solo una questione di giorni e poi ogni umano nella città si sarebbe ammalato. A quel punto, Kyle e i suoi uomini avrebbero potuto facilmente estirpare quel che rimaneva della razza umana. Si sarebbero nutriti, come non era mai accaduto prima. E, poi, avrebbero schiavizzato i sopravvissuti.
L'unico piccolo ostacolo che si frapponeva tra loro ed il successo era il Covo Bianco, quei patetici vampiri che si nutrivano solo di animali, che pensavano di essere migliori di chiunque altro. Sì, ci avrebbero provato. Ma non avrebbero retto il confronto con la Spada. Dopo aver finito con gli umani, avrebbe distrutto anche loro.
Come prima cosa – ed era di gran lunga la più importante – si sarebbe ripreso il proprio posto nel suo covo. E lo avrebbe fatto brutalmente. Rexius aveva commesso un terribile errore punendolo, pensava Kyle, mentre sfiorava le cicatrici oramai indurite lungo il lato del suo volto e ripensava al terribile destino cui era stato condannato, alla sua punizione per essersi lasciato sfuggire Caitlin. Rexius avrebbe pagato per ogni sua singola cicatrice. Rexius era potente, ma ora, con la Spada, il potere di Kyle era di gran lunga superiore. Kyle non avrebbe avuto pace, finché Rexius non fosse morto, per sua mano, e finchè lui stesso non fosse stato proclamato nuovo leader supremo.
Kyle esplose in un largo sorriso al pensiero. Leader supremo. Dopo tutte queste migliaia di anni. Era quello che meritava. Era il suo destino.
Kyle ed i suoi uomini volarono e volarono, sopra Central Park, sopra Midtown, sopra Union Square, sopra il Greenwich Village … e, finalmente, raggiunsero il Parco del Municipio.
Kyle scese lentamente, atterrando, e il branco di vampiri, che ormai erano diventati centinaia, atterrò dietro di lui. L'esercito di Kyle era aumentato oltre l'immaginabile. Pensò che quello fosse un modo grandioso di ritornare.
Kyle si stava per dirigere verso i cancelli del Municipio, per sfondare la porta e dare inizio alla sua guerra, quando si accorse di qualcosa con la coda dell'occhio. Qualcosa che lo infastidì.
Kyle utilizzò la sua vista di vampiro per zoomare oltre diversi isolati, e per guardare attentamente il caos che si era scatenato di fronte al Ponte di Brooklyn. Centinaia di auto erano bloccate nel traffico, incastrate le une di fronte alle altre, letteralmente accumulate di fronte al ponte. Tutti volevano uscirne fuori.
Ma il ponte era bloccato. A bloccare il transito erano diversi carri armati e camion dell'esercito, occupati da dozzine di soldati, con le mitragliatrici puntate contro la folla. Chiaramente, a nessun umano venne concesso il permesso di lasciare l'isola di Manhattan. I militari non volevano che la peste si diffondesse. Probabilmente avevano chiuso ogni accesso a ponti e gallerie.
Da un lato, questo era esattamente quello che Kyle aveva voluto: gli semplificava molto la vita, visto che tutti gli umani erano intrappolati a Manhattan, e avrebbe potuto ucciderli tutti molto facilmente.
Ma d'altra parte, ora che vedeva con i suoi occhi quello che stava accadendo, lo stomaco si torceva. Odiava l'autorità — di qualsiasi tipo. E ovviamente detestava i militari. Si sentiva quasi in sintonia con quella massa di umani, che volevano lasciare l'isola. Erano stati fermati dall'autorità. Le vene di Kyle bruciarono a quel pensiero.
Allo stesso tempo, una nuova idea gli era venuta in mente. perché non lasciare che alcuni umani lasciassero l'isola? Infatti, questo sarebbe solo servito al suo scopo. Avrebbero diffuso ancora di più la peste. A Brooklyn tanto per cominciare. Sì, sarebbe stata una mossa molto conveniente.
Kyle improvvisamente riprese il volo, diretto alla base del Ponte di Brooklyn. Immediatamente, centinaia di vampiri lo seguirono da vicino.
Bene, pensò. Erano leali ed obbedienti, e non facevano domande. Si sarebbero rivelati un esercito davvero molto efficiente, questo era certo.
Kyle atterrò alla base del Ponte di Brooklyn, sopra il cofano di un'auto, e centinaia di vampiri atterrarono sulle auto dietro di lui, e il rumore dei loro stivali fu evidente quando toccarono i cofani.
I clacson delle auto improvvisamente presero a suonare. Sembrava che gli umani non apprezzassero che qualcuno camminasse sopra le proprie auto.
Una nuova rabbia invase Kyle, quando pensò all'ingratitudine di questi patetici umani, che pigiavano i loro clacson, quando lui era giunto in loro aiuto.
Si trovava sul cofano di una SUV Saab, il cui conducente suonava il clacson contro dii lui e di colpo si fermò; proprio quando era sul punto di saltare a terra ed affrontare i militari, cambiò idea, si voltò lentamente e spostò lo sguardo in basso, verso il parabrezza, osservando la famiglia che lo stava guardando.
Era una tipica bella famiglia. Sui sedili anteriori marito e moglie, sui 40 anni, con i loro due figli. Il marito abbassò il finestrino, si sporse e preso a gridare verso Kyle, mostrandogli il pugno.
“Scendi subito dal mio cazzo di cofano!”
Kyle, in piedi sul cofano, scese su un ginocchio, e raggiunse l'uomo per prendergli il pugno, e lo strascinò dentro il parabrezza. Afferrò l'uomo dal colletto della sua Polo, e con un'unica mossa, lo strattonò contro di lui, dritto fino al parabrezza. Il vetro si frantumò ovunque, mentre le urla della moglie dell'uomo e dei figli illuminarono la notte.
Kyle era ancora sul cofano, sorridente, che sollevava l'uomo in alto, oltre la sua testa.
L'uomo si lamentava e piangeva, con la testa ricoperta di sangue, a causa del vetro infranto.
Kyle, sorridendo, reached back, scagliò l'uomo in aria, quasi come se fosse stato un aeroplanino di carta. L'uomo volò, innalzandosi di centinaia di metri, e poi precipitò da qualche parte nel bel mezzo del traffico, sul cofano di un'auto. Morto, sperò Kyle.
Kyle tornò ai propri affari. Saltò giù dall'auto, e si recò a passo svelto verso gli enormi carri armati che bloccavano l'accesso al ponte. Dietro di lui, poteva sentire le sue centinaia di soldati seguirlo.
Appena Kyle si avvicinò, tutti i soldati si allarmarono. Molti di essi sollevarono le loro mitragliatrici, puntandole dritto davanti a lui.
C'era un'area sgombra da auto o persone, profonda una trentina di metri, davanti ai carri armati e sembrava che nessuno si azzardasse ad entrarvi.
Ma Kyle vi camminò allegramente, in piena area vietata, dirigendosi proprio verso il carro armato.
“Fermo!” un soldato urlò con un megafono. “NON fare un solo passo di più! Ti spareremo a vista!”
Il sorriso di Kyle si allargò ancora di più, mentre continuava il percorso verso il carro armato.
“Ho detto FERMO!” il soldato gridò di nuovo. “Questo è l'ULTIMO avvertimento! C'è in atto un coprifuoco. Abbiamo ordine di sparare a chiunque di notte!”
Kyle sorrise ancora di più.
“Io sono padrone della notte,” lui rispose.
Kyle continuò a camminare verso di loro e, improvvisamente, essi aprirono il fuoco. Dozzine e dozzine di soldati spararono con le loro mitragliatrici contro Kyle ed i suoi uomini.
Kyle sentì il dolore di tutti i proiettili rimbalzargli addosso. Uno dopo l'altro, tutti rimbalzavano sul petto e sulle braccia, sulla testa e sulle gambe. Sembravano gocce di pioggia, ma più forti. Lui sorrise al pensiero di quelle patetiche armi umane.
Kyle vide l'espressione inorridita dipinta sui volti dei soldati, quando compresero che lui era illeso. Chiaramente non riuscivano a spiegarsi come facesse ancora a camminare. O come facessero anche tutti i suoi uomini.
Ma non ebbero il tempo di reagire. Kyle andò diritto verso il carro armato più vicino, ci si infilò sotto, mise entrambe le mani sotto i battistrada e, con forza sovrumana, lo sollevò sopra la sua testa. Percorse diversi metri, sempre tenendo il carro armato sopra la testa, e raggiunse la ringhiera del ponte. Diversi soldati, sbilanciati, caddero fuori dal carro armato mentre lui camminava. Ma dozzine di altri soldati vi si aggrapparono, afferrando il metallo, cercando di resistere ad ogni costo.
Fu un grande errore.
Kyle fece tre passi di corsa, spostò indietro il carro armato e lo gettò con tutta la sua forza
Il carro armato volò in aria per un lungo tratto, spazzando via la ringhiera.
Era stato fatto volare sul Ponte di Brooklyn, per poi precipitare in basso per decine di metri verso il fiume. Cadendo, il carro armato si girava su se stesso ed i soldati urlavano cadendo fuori, precipitando. Alla fine raggiunse l'acqua con un enorme tonfo.
Improvvisamente, il traffico si sbloccò. Senza alcuna esitazione, gli ansiosi newyorkesi pigiarono l'acceleratore e le loro auto corsero attraverso la corsia ora libera, che li conduceva verso il ponte. Nell'arco di pochi secondi, centinaia di auto si dirigevano ad alta velocità, fuori da Manhattan. Kyle guardò i loro volti, e potè scorgere che molti erano già stati infettati dalla peste.
Il sorriso di Kyle si allargò. Sarebbe stata una notte meravigliosa.
Samantha guardò le enormi porte doppie aprirsi davanti di lei, cigolando mentre si muovevano sui cardini, e avvertì una stretta allo stomaco. Stava entrando nelle stanze del suo leader, accompagnata da diversi vampiri guardiani. Non la stavano trattenendo — non avrebbero mai osato— ma l'accompagnavano standole molto vicini ed il messaggio era chiaro. Era ancora una di loro, ma era agli arresti domiciliari, almeno fino a quando non avesse incontrato Rexius. L'aveva convocata come una soldatessa, ma anche come una prigioniera.
Le porte si chiusero rumorosamente alle sue spalle, e lei vide che l'enorme stanza era piena. Non vedeva un raduno simile da anni. C'erano centinaia di vampiri al suo interno. Chiaramente, volevano tutti guardare, conoscere le notizie, sapere che cosa fosse avvenuto con la Spada. Come aveva fatto a farsela portare via.
Soprattutto, volevano che lei fosse punita. Sapevano che Rexius era un leader spietato, e che persino il minimo errore avrebbe causato una grande punizione.
Samantha lo sapeva. Non stava cercando di sfuggire al proprio destino. Aveva accettato la sua missione, ed aveva fallito. Aveva trovato la Spada, sì, ma l'aveva anche persa. Aveva permesso a Kyle e Sergei di impadronirsene sotto il suo naso.
Tutto doveva essere perfetto. Lei ricordava chiaramente la Spada, che giaceva lì, sul pavimento della Cappella del Re, nel corridoio, a pochi metri di distanza. Le sarebbero bastati pochi secondi per prenderla, per portare a termine la missione e diventare l'eroina del covo.
E poi Kyle e quell'orribile scagnozzo, Sergei, erano arrivati, le avevano fatto perdere conoscenza e gliela avevano rubata sotto il naso. Era ingiusto. Come poteva aspettarsi qualcosa di simile?
E ora, che cosa era diventata? La responsabile. Quella che si era lasciata sfuggire la Spada. Quella che aveva fallito nella missione. Oh sì, l'avrebbe pagata cara. Questo era certo.
Ormai le importava di una cosa sola: voleva che Sam fosse al sicuro. Era stato colpito, fino a perdere i sensi, e lei lo aveva portato via da quel posto, fin lì. Lo aveva voluto vicino a sé. Non era pronta a lasciarlo andare, e non sapeva in quale altro posto portarlo. Si era introdotta furtivamente, e lo aveva messo al sicuro, in una stanza vuota del loro covo. Nessuno l'aveva vista, o almeno per quanto lei ne sapesse. Sarebbe stato al sicuro lì dentro, lontano dagli occhi indiscreti di quei vampiri. Avrebbe riferito dell'accaduto a Rexius, patito la sua punizione, e dopo avrebbe atteso fino all'alba, quando tutti sarebbero stati addormentati, e sarebbe fuggita con Sam.
Naturalmente, non poteva scappare subito. Avrebbe prima dovuto parlare con Rexius, subire la sua punizione, o altrimenti il suo covo le avrebbe dato la caccia, e lei avrebbe dovuto fuggire e nascondersi per il resto della sua vita. Dopo la punizione, nessuno si sarebbe mai messo sulle loro tracce. Poi, avrebbe preso Sam, e sarebbero andati via da lì, per poi stabilirsi da qualche parte. Soltanto loro due.
Non si era certo aspettata che il ragazzo, Sam, facesse nascere in lei dei sentimenti, così come era successo. Quando ora pensava alle sue priorità, metteva lui al primo posto. Voleva stare con lui. Aveva bisogno di stare con lui. Infatti, per quanto folle potesse suonare, anche alle sue orecchie, non riusciva più a immaginare la sua vita senza di lui. Un'infatuazione con un ragazzo adolescente. Era furiosa con se stessa. Non sapeva come aveva fatto ad arrivare a quel punto. Un'infatuazione con un adolescente. Men che meno, un umano. Lei si odiava per questo. Ma le cose stavano proprio così. Non c'era modo di riuscire a cambiare il modo in cui si sentiva.
Quel pensiero le diede forza, mentre si avvicinava lentamente al trono di Rexius, preparandosi alla sentenza. Avrebbe patito una sofferenza indescrivibile, ne era consapevole, ma il pensiero di Sam le avrebbe dato la forza di affrontare quello che l'aspettava. Avrebbe avuto qualcuno da cui tornare. E Sam sarebbe stato protetto, lontano da tutto questo. Ciò rendeva tutto sopportabile.
Ma l'avrebbe amata dopo che lei avrebbe subito la punizione? Se conosceva Rexius, le avrebbe riservato il bagno con l'Acido Iorico, le avrebbe sfigurato il volto per quanto fosse riuscito. Dopodichè lei avrebbe perso la migliore parte di sé. Sam avrebbe continuato ad amarla? Lei sperava proprio di sì.
Un silenzio calò sopra la stanza, mentre centinaia di vampiri si avvicinarono, impazienti di assistere allo scambio. Samantha fece diversi passi per avvicinarsi a Rexius, e si mise a terra su un ginocchio, chinando la testa.
Rexius, distante solo pochi metri, era seduto sul suo trono, con gli occhi blu dallo sguardo rigido e gelido, che la trafiggevano. La guardò per quelli che sembrarono minuti, sebbene Samantha sapesse che si era trattato probabilmente solo di secondi. Tenne la testa chinata. Sapeva che avrebbe fatto meglio a non incontrare il suo sguardo.
“Allora,” Rexius esordì, la sua voce roca fendeva l'aria, “la gallina torna al pollaio.”
Trascorsero altri minuti, mentre lui studiava Samantha. Lei sapeva che avrebbe fatto meglio a non cercare di fornire alcuna spiegazione. Mantenne solo la testa chinata.
“Ti ho affidato una semplice missione,” lui continuò. “Dopo i fallimenti di Kyle, mi occorreva qualcuno di cui potermi fidare. Il mio soldato più valoroso. Non mi hai mai deluso prima, non in migliaia di anni,” lui disse, con lo sguardo fisso su di lei. “Ma in questa, questa semplice missione, in qualche modo, hai fallito. E lo hai fatto miseramente.”
Samantha abbassò di nuovo la testa.
“Dunque. Dimmi esattamente che cosa è accaduto alla Spada. Dov'è?”
“Mio signore,” lei cominciò, lentamente, “Mi sono messa sulle tracce della ragazza, Caitlin. E di Caleb. Li ho trovati entrambi. Ed ho trovato la Spada. Ho anche fatto in modo che Caitlin la facesse cadere. Era sul pavimento, distante da me solo pochi metri. Sarebbero bastati pochi secondi in più per prenderla e portarla a te.”
Samantha deglutì.
“Non avrei potuto prevedere che cosa è successo dopo. Sono stata presa di sorpresa e attaccata da Kyle”.
Un forte mormorio esplose in tutta la stanza popolata di vampiri.
“Prima che potessi afferrare la Spada,” lei continuò, “Kyle l'aveva già presa. E' fuggito dalla chiesa, e non c'è stato nulla che io potessi fare. Ho provato a ritrovarlo, ma non ci sono riuscita, era troppo lontano. Ora la Spada è in suo possesso.”
Un mormorio ancora più forte esplose in tutta la stanza. L'ansia al suo interno era palpabile.
“SILENZIO!” urlò una voce.
Il mormorio allora scemò lentamente.
“Allora,” Rexius cominciò, “dopo tutto questo, hai lasciato che Kyle prendesse la Spada. Gliel'hai praticamente consegnata.”
Samantha sapeva che avrebbe dovuto evitare, ma non riusciva a contenersi. Lei doveva dire qualcosa in propria difesa. “Mio signore, non c'era niente che io potessi fare —”
Rex l'interruppe, scutendo semplicemente la testa. Lei temette quel gesto. Significava che qualcosa di brutto sarebbe seguito.
“Grazie a te, ora mi devo preparare per due guerre. Questa patetica guerra con gli umani, e, ora, una guerra con Kyle.”
Un pesante silenzio cadde nella stanza, e Samantha comprese che la sua punizione era imminente. Era pronta ad accettarla. Teneva bene in mente l'immagine di Sam, e il fatto che non potessero assolutamente ucciderla. Non lo avrebbero mai fatto. Ci sarebbe stata una vita dopo tutto questo, una sorta di vita, e Sam ne avrebbe fatto parte.
“Ho una punizione molto speciale per te,” Rexius disse lentamente, esplodendo in un lento sorriso.
Samantha sentì le ampie doppie porte aprirsi dietro di lei e si voltò a guardare.
Il cuore le si fermò.
Lì, trascinato da due vampiri, incatenato mani e piedi, c'era Sam.
Lo avevano trovato.
Era imbavagliato e, per quanto si dimenasse nel tentativo di emettere un qualsiasi suono, non poteva. Aveva gli occhi spalancati per lo shock e la paura. Lo trascinarono fino al lato della stanza, con le catene tintinnanti, e lo bloccarono, costringendolo a guardare.
“Sembra che non solo tu abbia perso la Spada, ma che abbia anche sviluppato affetto per un umano, nonostante le regole della nostra razza,” Rexius esclamò “La tua punizione, Samantha, consisterà nel guardare soffrire chi ti è più caro. Ho capito che non si tratta di te stessa. E' questo ragazzo. Questo patetico, piccolo, ragazzo umano. Molto bene,” lui disse, sporgendosi in avanti, sorridendo. “Allora è così che sarai punita. Faremo patire a questo ragazzo delle orribili sofferenze.”
Il cuore di Samantha batteva forte in petto. Sta per avvenire qualcosa che lei non aveva previsto, e si trattava di qualcosa che lei non avrebbe lasciato accadere. Ad ogni costo.
Lei si mise in azione, balzando in direzione dei custodi di Sam. Ne raggiunse uno, colpendolo dritto al petto. Questo volò all'indietro.
Ma prima che potesse attaccare anche l'altro, diversi vampiri si gettarono su di lei, afferrandola e tenendola giù. Lei lottò con tutte le sue forze, ma erano in troppi, e non riusciva a competere con la loro forza collettiva in una volta sola.
Era costretta a guardare, senza poter fare nulla, mentre diversi vampiri trascinavano Sam al centro della stanza. Lo posizionarono sul punto—il punto esatto riservato a coloro che subivano il bagno di Acido Iorico. Per un vampiro, quella era una punizione indescrivibilmente dolorosa. Marchiava per la vita.
Per un umano, però, il dolore sarebbe stato incalcolabile, e la punizione sarebbe culminata in una morte orribile. Stavano portando Sam alla sua esecuzione. E la stavano costringendo a guardare.
Il sorriso di Rexius si allargò ulteriormente, quando Sam venne incatenato al punto designato. Appena Rexius fece un cenno col capo, uno dei custodi tolse il nastro dalla sua bocca.
Sam cercò immediatamente Samantha, con il terrore negli occhi.
“Samantha!” gridò. “Ti prego! Salvami!”
Samantha, nonostante se stessa, scoppiò in lacrime. Non c'era nulla, assolutamente nulla che lei potesse fare.
Sei vampiri portarono avanti un calderone di ferro, traboccante e sibilante, agganciato alla cima di una scala. Lo misero in posizione, proprio sopra la testa di Sam.
Sam guardò in alto, verso di lui.
E l'ultima cosa che vide fu il liquido lasciare il calderone che puntava proprio al suo volto.
Caitlin stava correndo. I fiori le arrivavano fino alla vita, e, correndo, si creò un passaggio attraverso. Il sole, rosso sangue, si ergeva come una grossa sfera all'orizzonte.
Stando con le spalle rivolte verso il sole, all'orizzonte, c'era suo padre. O almeno, la sua sagoma. I suoi tratti erano irriconoscibili, ma lei sapeva che era lui.
Mentre Caitlin correva e correva, con tutte le sue energie, per riuscire finalmente a vederlo, abbracciarlo, il sole stava tramontando rapidamente, troppo rapidamente. Tutto era accaduto troppo in fretta, e nell'arco di pochi secondi, il sole era completamente sparito.
Si ritrovò a correre nel campo, nel bel mezzo della notte. Suo padre era sempre lì, in attesa. La ragazza sentiva che lui voleva che corresse più in fretta, che voleva abbracciarla. Ma le sue gambe non riuscivano a correre più velocemente e non contava quanto ci provasse, sembrava proprio si allontanasse sempre di più.
Mentre correva, improvvisamente, la luna spuntò alta nel cielo, oltre l'orizzonte—un'enorme luna rosso sangue, che riempiva l'intero cielo. Caitlin poteva coglierne ogni dettaglio, i rilievi, i crateri. Era così chiaro. Suo padre era ancora lì, una sagoma stagliata contro il cielo, e, quando lei provò a correre ancora più in fretta, sembrò come se stesse corrende verso la luna stessa.
Ma non funzionava. Improvvisamente, le gambe ed i piedi non si muovevano più. Lei guardò in basso, e vide che i fiori le si erano attorcigliati intorno alle caviglie e alle gambe, e stavano mutando in piante rampicanti. Erano così spesse, e forti da non consentirle di muoversi.
Non appena alzò lo sguardo, si accorse che, un enorme serpente strisciava verso di lei, facendosi largo attraverso il campo. Lei provò a lottare, a liberarsi, ma non ci riuscì. Tutto quello che poteva fare era guardare mentre si avvicinava. Appena divenne più vicino, balzò in aria, puntando dritto alla sua gola. Lei si voltò e urlò, e sentì i suoi denti conficcarsi nel collo. Il dolore era terribile.
Caitlin si svegliò spaventata, seduta sul letto e respirando forte. Si toccò la gola, e sentì due cicatrici ben marcate. Per un istante, confuse il sogno con la realtà, e si guardò intorno nella stanza, cercando un serpente. Non ce n'erano.
Si massaggiò la gola. La ferità le faceva ancora male, ma non quanto le era accaduto nel sogno. Respirò profondamente.
Caitlin era ricoperta di un sudore freddo, il cuore le batteva ancora forte. Si deterse il viso e i lati delle tempie, e potè sentire i suoi capelli freddi e bagnati aderire alla pelle. Da quanto tempo non si lavava? Non aveva fatto lo shampoo? Non si lavava la faccia? Per quanto tempo era rimasta stesa lì a dormire? Non riusciva a ricordare. E dove si trovava esattamente?
Caitlin guardò tutta la stanza. Era lo stesso posto che ricordava da qualche tempo —era in un sogno, o si era svegliata lì altre volte prima? La stanza era completamente fatta di pietra, ed aveva un'alta finestra ad arco, attraverso la quale poteva vedere il cielo stellato, e l'enorme luna piena, la cui luce filtrava attraverso.
Si sedette sul bordo del letto e si massaggiò la fronte, sforzandosi di ricordare. Mentre lo fece, fu colpita da un orribile dolore al fianco. Si toccò proprio lì, e sentì la crosta di una ferita. Cercò di ricordare quale ne fosse la causa. Qualcuno l'aveva attaccata?
Caitlin si sforzò di pensarci, e lentamente, ma sicuramente, i dettagli le si palesarono in mente. Boston. Il Freedom Trail. La Cappella del Re. La spada. Poi … veniva attaccata. Poi ...
Caleb. Lui era stato lì, a vegliare su di lei. Lei aveva sentito il mondo scivolare via, e gli aveva chiesto. Trasformami, lo aveva implorato …
Caitlin si portò le mani al collo e sentì due marchi ai lati della sua gola; comprese che lui aveva ascoltato la sua preghiera.
Quello spiegava ogni cosa. Caitlin cominciò a realizzare. Era stata trasformata. Era stata portata da qualche parte, probabilmente per riprendersi, probabilmente sotto l'occhio vigile di Caleb. Si toccò braccia e gambe, piegò il collo, provò il corpo….
Si sentiva diversa, questo era sicuro. Non era più lei. Percepiva una forza illimitata correrle per le vene. Un desiderio di correre, di scattare, di sfondare le pareti, volare nell'aria. Avvertì anche qualcos'altro: due lievi bozzi sulla schiena, dietro le scapole. Molto lievi, ma sapeva che c'erano. Ali. Lo sapeva, lo sentiva, che se voleva volare, si sarebbero aperte per lei.
Caitlin si esaltò per la forza che aveva appena scoperto in sé. Voleva disperatamente provarla. Si sentiva così intrappolata — non aveva idea di quanto tempo avesse trascorso lì —